"Bleah che schifo!" Che cos'è il disgusto?

Il disgusto è un’emozione innata e fondamentale. Rientra tra le emozioni di base, presenti in tutti gli esseri umani e animali. Essa insorge quando percepiamo qualcosa di potenzialmente “nocivo”, ovvero pericoloso per la nostra salute fisica e/o psichica e/o per la nostra “anima”. 

Cosa significa ciò? Abbiamo ereditato, dall’evoluzione della specie, il disgusto in senso “alimentare”, tuttavia la nostra cultura ci ha fatto sviluppare anche un disgusto più ampio legato all’ambiente, a valori, ad azioni e comportamenti, i quali possono essere ritenuti più o meno “ripugnanti”.

 

Il disgusto prevede una specifica reazione fisiologica, caratterizzata da rallentamento cardiaco, aumento salivazione e risposte del sistema parasimpatico (quello che regola, tra altre cose, tutto l’apparato digerente).

Solitamente causa disgusto ciò che al palato viene percepito come amaro (rimembranze di veleni e tossicità) o acido (alimenti che stanno andando a male). Mentre al tatto, causa disgusto ciò che è viscido, molliccio poiché facilmente associato a qualcosa di putrido, di stantio. O ciò che ha un cattivo odore.

Si prova, in generale, disgusto anche per tutte le secrezioni corporee, fatta eccezione per le lacrime! 

Esistono comunque variazioni soggettive anche in ciò che viene recepito come disgustoso. Alcuni mangiano il pesce crudo, altri no, ad esempio! Alcuni bevono il caffè senza zucchero mentre ad altri non andrebbe proprio giù! Questo è dovuto in parte a predisposizioni genetiche e biologiche, ed in parte all’abituazione a certi alimenti e alle usanze familiari.

Mentre il disgusto associato ad un cattivo sapore è innato (un neonato rifiuta e sputa un cibo molto amaro o acido), il disgusto associato ad un certo tipo di persone, di ambienti, di ideologie, di atteggiamenti, di mode ecc.. si sviluppa con la cultura ed ambiente di appartenenza, soltanto in età successive.

Il disgusto “immediato”, che quindi non passa per “l’assaggio” ma che si manifesta come reazione spontanea alla sola vista di una certa sostanza, sembra mettere le radici attorno ai 3 anni di età, quando viene insegnato al bambino l’uso del Wc e le pratiche di igiene personale, nonché le prime nozioni sulle malattie e la morte.

Il disgusto svolge una sua precisa funzione: quella di protezione personale (a livello personale e sociale) tramite l’impulso comportamentale di allontanamento (che si manifesta anche tramite lo sputo quando si tratta si sostanze ingerite) o di dichiarazione di netto rifiuto (“NO!”), al fine di evitare che la sostanza/persona entri in contatto con noi e ci contamini.

Evitare la contaminazione non significa solo proteggersi dalla tossicità di una sostanza e quindi dalla malattia o morte, ma anche protezione da qualcosa che riguarda aspetti personologici, evitare di essere “contaminati” da persone che riteniamo riprovevoli per dei loro comportamenti.

La contaminazione infatti non ha come unico risultato quello intimo, riguardante il proprio stato di salute, ma sembra avere anche risvolti sociali:  essa potrebbe portare al rifiuto da parte degli altri, che ci disprezzerebbero perché saremo “marci”, “sporchi”, inaccettabili.

Le persone particolarmente sensibili al disgusto, sono quelle che temono in maniera eccessiva di venire contaminate, in quanto per essi la contaminazione è vista come una cosa terribile, una condizione da cui non si può più tornare indietro: si resterà per sempre “sporchi e marchiati”.

Questa elevata sensibilità al disgusto sembra essere uno degli elementi predisponenti alla condizione psicopatologica del “disturbo ossessivo compulsivo”, che può manifestarsi, ad esempio, con rituali di lavaggio, pulizia e ordine.

 

 

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Dott.ssa Chiara Francesconi

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