Tornare ad essere Figli.

Per i genitori sono sempre dei bambini da proteggere, coccolare e accudire. Ma i figli crescono, escono di casa, si costruiscono una loro vita indipendente, creano una nuova famiglia, diventano a loro volta padri e madri.

Tuttavia può capitare che circostanze di vita riportino la persona nel ruolo di “figlio”. Questo succede a seguito di momenti difficili, come la conclusione di una relazione, separazioni, malattie, e causa attualmente più frequente, perdita del lavoro e problemi economici. In questi casi i figli tornano ad occupare le loro vecchie stanze nella casa di mamma e papà, e quindi anche le vecchie regole e i soliti scontri generazionali.

 

Non solo, il rientro a casa può interrompere il processo di emancipazione intrapreso dalla persona. Spesso viene vissuto con un “te l’avevo detto” in sottofondo, una sorta di critica non palese (in qualche caso probabilmente anche espressa esplicitamente!) da parte dei genitori che “in fondo l’avevano sempre saputo che non era in grado di farcela”. Questo crea un ulteriore ostacolo alla ripresa della vita autonoma, già compromessa da altre condizioni pratiche. La persona può vivere il rientro come un evento “traumatico”, un’ammissione di dipendenza dal nucleo originale. Si riscontrano spesso problemi d’ansia, dell’umore e in alcuni casi emergono disturbi dell’alimentazione.

C’è inoltre il fenomeno di coloro che tornano in casa per prendersi cura di genitori anziani o malati, ribaltando i ruoli genitore-figlio, che rischiano di creare situazioni di invischiamento patologiche, se non si riescono ad equilibrare le posizioni.

Questi eventi accadono molto più frequentemente nel nostro paese che all’Estero, probabilmente a causa delle nostre radici culturali e cattoliche. L’attaccamento e il legame con la famiglia è molto forte, i genitori si preoccupano per tutta la vita di poter fornire un sostegno e supporto adeguato ai figli, anche quando questi si sono allontanati dal focolare. Si tende a confondere l’amore/affetto con la simbiosi e l’allontanamento/l’autonomia con il distacco emotivo, quando in realtà in qualsiasi relazione è bene che ogni persona conquisti una sua indipendenza. Succede così anche tra partner: si alternano momenti di complicità e intimità a momenti di individualità. Come in ogni cosa, l’equilibrio e il benessere stanno al centro, bisogna bilanciare gli opposti.

E’ infine da considerare il fatto che in Italia non siamo portati a prendere in considerazione altre alternative, tra abitazione autonoma o familiare. Nel resto d’Europa così come in America, la coabitazione con amici, colleghi, o con altri semplici coinquilini è ben vista e molto diffusa, a qualsiasi età. Da noi si accetta l’idea durante gli anni universitari ma poi viene quasi totalmente perduta, forse a causa di pregiudizi nel vedere due persone dello stesso sesso prendere casa insieme, così come uomo e donna, senza giungere a conclusione che abbiano una relazione.

Paradossalmente la “nuova” convivenza di genitori e figli procede più normalmente quando le parti sono entrambe scontente della situazione e “litigano” per il rispetto di regole, invasione di spazi, turni ecc.. In questi casi sembra più probabile che la condizione sia effettivamente vissuta come un evento transitorio e negativo in attesa di tempi (brevi!) migliori.

 

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Dott.ssa Chiara Francesconi

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Autori: J.Young, J.Bowlby, Jon Kabat Zinn, G. Liotti, Aaron Beck & Albert Ellis

Dott.ssa Chiara Francesconi - Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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